5 giugno 2019

Maria Grazia Di Clemente

IC Pacinotti di Torino
http://www.comprensivopacinotti.gov.it/

Riconnessioni: l'esperienza di una scuola

Docente nella scuola primaria per 31 anni, ha lavorato in un quartiere torinese a forte flusso migratorio, di cui conosce sofferenze e bisogni educativi delle tante famiglie che vivono ai margini della società. Dal 2014 lavora come dirigente scolastico presso il più grande istituto comprensivo della provincia di Torino, a forte rischio di dispersione scolastica. Qui si adopera per realizzare nuovi ambienti di apprendimento con forti valenze inclusive e preferisce credere nella educabilità della persona, piuttosto che cedere alla logica giudicante e selettiva.​

SESSIONE 7. Scuola digitale e formazione

Riconnessioni: l'esperienza di una scuola

Occuparsi di educazione significa riconoscere quanto un ambiente di apprendimento, strutturato e intenzionale, sia capace di attivare esperienze e dinamiche coinvolgenti e motivanti, foriere di autentici apprendimenti. D’altra parte, ogni educatore sa bene quanto il legame tra insegnamento e apprendimento sia complesso e assolutamente non deterministico. Non è sufficiente esporre l’alunno all’insegnamento; essere inseriti in un contesto scolastico non è condizione unica affinché l’allievo apprenda e la prova di questo è un’evidenza quotidiana nelle nostre scuole. Quanti ragazzi a scuola vivono “a disagio” perché incapaci di cogliere le nostre proposte come opportunità educative e formative? Molto spesso, la scuola non riesce a intercettarli, né a coinvolgerli, lasciandoli ai margini delle proprie priorità. Sono a scuola ma in posizione periferica e marginale, a contraddire il principio della centralità dell’alunno nel percorso educativo. Paiono impermeabili a tutto, respingenti e apatici o, al peggio, oppositivi, distruttivi e destabilizzanti e, dal confine, spesso vengono messi fuori. Parrebbe una sconfitta, una resa della scuola, invece è la dimostrazione che l’inclusione non è un processo naturale, spontaneo o automatico. Anzi. Richiede una precisa volontà e determinazione della scuola dell’autonomia. L’intenzionalità nell’essere scuola dell’inclusione produce il riconoscimento condiviso dalla comunità educante che “le periferie scolastiche” sono una priorità. Da questa vision scaturirà una creatività progettuale che consentirà di pensare percorsi mirati, capaci di coinvolgere anche i più lontani, attraverso azioni di “descolarizzazione” delle esperienze educative. Infine, la responsabilità educativa, agìta verso tutti e ciascuno, verrà letta come il coraggio dell’autonomia che si assume la libertà di costruire opportunità, di contribuire attivamente alla formazione della persona e del cittadino e di rendicontare i propri risultati alla società che ci guarda. Può la scuola perdere di vista i propri ragazzi, anche se numericamente pochi, perché non adatti ai nostri ambienti standard? Assolutamente no, ma neppure possiamo pensare di perderli nella società, abbandonando la sfida ad accompagnarli nella crescita. Mai la scuola deve stancarsi di dare la mano perché se si stacca, non riconosce più come prioritario l’impegno educativo verso quella fascia di allievi fragili e difficili da gestire e da formare. Scandaloso, diremmo tutti. Invece il rischio di produrre una scuola che “esclude” è reale e solo si può combattere con le armi dell’autonomia. .


 

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